Thursday, April 17, 2008

Icaro Si Lasciò Andare

Mi è sempre piaciuto guardare l’orizzonte, lasciare che i miei pensieri si adagino sul quel sottile confine che separa due infiniti, quasi nel tentativo di attingere un po’ da quella grandezza.
Ripenso a quei giorni in cui non riuscivo a vederlo e respirarlo.

Da anni non guardo indietro, ma oggi ho deciso di tornare con la mente, per rivedere i luoghi, ricordare alcune facce.
Sapete secondo me solo così si può capire fino a che punto si è cambiati, solo rivisitando il passato.
Il vecchio porticciolo … inspiro il più profondamente possibile, risento quasi quell’odore che da piccolo mi aveva sempre fatto andare lontano con l’immaginazione, ora mi faceva rivivere posti che hanno dipinto i miei ricordi.
Sto parlando di quell’odore di sale e pesce, quell’odore che il sole accentua fino quasi a farti male, fino a farti sentire l’immensità della vita, ma siamo involucri troppo piccoli per contenerla, così la dobbiamo lasciar andare ad ogni respiro.
Sceso sul molo, accanto a dei pescatori che alle ultime luci del giorno preparano le reti per la pesca successiva, mi accorgo subito che il passato cerca prepotentemente di risorgere, di ringiovanirsi e di diventare il mio presente.
Il paese è lì e sembra quasi lasciare un lamento nel vento.
Ricordo quando m’imbarcai, mia madre era lì, su quel ora emotivamente vuoto molo,ad aspettarmi … giurerei di sentire ancora il suo profumo.
Rivederla mi aveva sempre riempito di gioia, mia madre era sensibile ad ogni moto dell’animo, forse per questo è sempre stata esposta al mondo, come una montagna di arenaria ai venti.
Anche da vecchia negli occhi aveva conservato quel calore che da piccolo ricercavo quando il mondo mi feriva, quando cominciavo ad avere le prime cicatrici, quelle che ti rimangono nello sguardo.
Papà era dietro, anche lui commosso, ma troppo fiero per mostrarmelo.
Il suo sguardo era sempre pieno di vita ed era quello sguardo che mi aveva insegnato il significato di un orizzonte ed era quello stesso sguardo ad avermi mostrato la dignità della propria condizione umana.
I loro ricordi mi abbracciano entrambi forte, mi manca la forza di lasciarli.
I miei pensieri tornano alla mia infanzia, alle cioccolate calde preparate da mia madre nei pomeriggi invernali, dove il freddo ti stringeva il cuore e lo sguardo fuggiva tra le onde di quel mare che per me è sempre stato un destino.
Ricordo le risate e le passeggiate con mia sorella l’unica persona che conosco che sa lasciare una luce anche nel vento.
Ricordo le primavere trascorse nel cortile con gli amici a dare due calci ad un pallone… il mare era sempre lì a custodirci.
Ricordo i miei amici.
Con loro ero cresciuto, a loro dovevo quella splendida sensazione di comprensione, quell’abbraccio che ti riscalda quando le tue lacrime di fanno rabbrividire.
I miei amici erano i soli a comprendere fino in fondo il significato di un sorriso, i soli a capire la bellezza di un silenzio tra due pensieri, i soli ai quali avrei affidato tutti quei ricordi, i soli che quel giorno, conoscendomi, capirono.

Il mare fa parte del mio sguardo ormai da quando sono piccolo, da quando la paura per quel blu profondo non si è tramutata in curiosità, per poi diventare amore per quell’infinito che solo può abbracciarmi e farmi volare in quel fluido che credo sia lo stesso di cui sono fatti i sogni.
Quando partii definitivamente fu perché mi rendevo conto che quello che provavo non era completo, mi sentivo fermo, sentivo il vento accarezzarmi ma non “m’increspavo” più come quando andavo a respirare la brezza marina da piccolo al cimitero sulla collina.
Cosa mi era successo? Tutta la vita avevo cercato di fuggire dalla noia, intesa come incapacità di vedere le sfumature della vita, e invece all’improvviso mi trovai con delle tinte definite sulla mia tela, ma ero incapace di aggiungerne di nuove.
Così m’imbarcai su di un mercantile in cerca di una meta che avevo il terrore fosse solamente da qualche parte dentro me.
Per anni vagai nel mondo come una foglia trasportata dal vento.
Vidi tantissimi porti, le città di chi fugge da se stesso, di chi lascia che sia il mare ad amarlo, e basta.
In realtà io mi sentivo ancora diverso.
Ricordo i caraibi, ricordo le sue labbra.
Janet era bellissima, aveva uno sguardo caldo e potente, un carattere dolce e forte e io l’amai, l’amai fino quasi ad impazzire

Ricordo le Azzorre.
Sembrava di essere in un girone dell’inferno dantesco.
Tutti nello sguardo avevano quelle ferite che solo l’amore struggente violento e amorale per il mare lascia.
Tutti ricercavano nell’orizzonte le proprie paure, i propri dolori, per poter poi affogarli nel mare, dando però in cambio il proprio cuore, lasciato in balia delle onde.
Un patto oneroso.
Forse avevo trovato casa … ma presto cambiai idea.
Era una rigida mattina invernale, il vento soffiava con una violenza tale da togliere il respiro.
Entrai come avevo, sempre fatto, nel bar centrale per avere il mio bicchiere e chiacchierare con Ricardo, un vecchio pescatore settantenne, decisamente silenzioso, che però aveva deciso di rendermi partecipe del suo dolore perché come mi diceva sempre:
“Tu sarai libero, tu saprai lasciarti andare, come Icaro …”
Ricardo era alto, con uno sguardo molto profondo, laureato in lettere, lasciò tutto perché non riusciva a respirare, così diceva sempre, non riusciva a respirare …
Era portoghese, ma non era originario delle Azzorre, cominciò a pescare perché era sicuro che la chiave fosse lì, nel mare, era sicuro che Hemingway lo aveva capito.
Ormai da anni mi raccontava sempre la stessa storia, la sua solitudine, la ricerca disperata del respiro, il lento trasformarsi in uno scoglio, l’incapacità di piangere, diceva sempre di aver dovuto lasciare le lacrime al mare sperando divenissero aria … da respirare.
Non ero sicuro di ciò che volesse dire, alle volte ero convinto solo che fosse pazzo, però in quella pazzia c’era qualcosa, c’era della mia quotidianità.
Il suo sguardo sapeva incantarmi, giurerei che era quello a raccontare, e che le parole non fossero altro che delle maschere; ogni volta con un solo sguardo diverso sapeva aggiungere particolari ad una storia che nessuno voleva più sentire, solo io rimanevo anche ore ad ascoltarlo, e tornato a casa, mi mettevo fuori a guardare il mare e a cercare le sue lacrime.
Quel giorno dicevo, al bar non c’era.
Corsi subito a casa sua.
Aprii la porta e lui si girò, era seduto davanti alla finestra.
Mi disse:
“Non fare come me … non è lì la risposta, non è lì … smettila di compiangerti, smettila di fuggire, vai via!O mio Dio … hai mai visto quant’è bello il cielo?”
Cominciò a piangere, come un bambino.
Mi avvicinai, e solo in quel momento mi accorsi che stavo camminando sul suo sangue.
I dottori dissero che è stato un versamento nelle vie respiratorie ad ucciderlo.

Partii, immediatamente, con la mia barca.
Fuggivo ancora, dalla morte, dalla vita.
Per circa un mese vissi di ciò che il mare sapeva donarmi con il cielo stellato come casa.
Non ci fu giorno che non ripensavo a Ricardo, a cosa aveva capito e cosa aveva cercato di dirmi … solo dopo qualche giorno riuscii a individuare il motivo per cui la notte ripensavo continuamente al nostro ultimo incontro a casa sua … non era il dolore, non era il sangue, non era la morte, era il suo sguardo.
Mi aveva inconsciamente sconvolto, era pieno, era felice … solo in quel momento capii che non piangeva per il dolore, piangeva perché era felice.
Piangeva perché era riuscito finalmente a respirare … quando capii, alzai lo sguardo … mi sentii libero come una melodia.
Avete mai visto quanto è bello il cielo?

Sono passati molti giorni da quello, ho visto vecchi posti con nuovi colori e nuovi posti con sempre nuovi occhi.
Ho saputo amare, e, cosa ancora più difficile, ho saputo essere amato.
Ora guardo l’orizzonte da questa scogliera sull’oceano, respiro il cielo e vedo il vento … allargo le braccia, mi sporgo un po’ di più, voglio prendere tutto il furore dei colori … sono vecchio ormai, ma felice, felicissimo, riguardandomi indietro posso dire che la mia vita l’ho voluta esattamente come è stata … eh eh, Ricardo, avevi ragione, devo lasciarmi andare, come Icaro.
Mi sporgo ancora un po’ …

8 Comments:

Blogger elino said...

e allora mettici tutto il libro! anzi metti solo il titolo così ce lo andiamo direttamente a comprare!
bella ceri, a parte rovinare la poesia dei tuoi post, preparati che uno dei prossimi week-end potrebbe essere quello buono per venire a devastarci a Siena. che ne dici?

2:50 PM  
Blogger Zarathustra said...

Ottimo!!!Questa è una bella notizia, solo che il 5 abbiamo una prova intermedia mostruosa...quindi prima la vedo dura, il fine settimana dopo molto volentieri!

7:14 PM  
Anonymous Anonymous said...

WOW Che! Veramente bellissimo!
Anch'io aspetto l'uscita del libro...per me dovresti far un pensierino sul pubblicarlo....faresti sognare un pubblico più grande e non solo noi.
PId

11:48 AM  
Blogger Zarathustra said...

Grazie Piddu...troppo gentile...credo comunque il libro, conoscendomi sarebbe di 2-3 pagine...pesantissime tra l'altro.

4:35 PM  
Anonymous Anonymous said...

Massi ha detto:
Beh in tal caso o me lo faccio prestare da Pid che tanto lo compra sicuro,oppure vedo se riesco a scaricarlo da Emule!!=>...emozionante ceri caro..emozionante...

2:19 AM  
Blogger Zarathustra said...

Grazie, sono veramente felice vi piaccia ragazzi...e tu massi salutami il tuo fiore.

2:29 AM  
Anonymous Anonymous said...

Giallu said...
veramente bellissimo....
però non fuggire mai troppo distante, che lo sai che il tuo vero porto siamo noi!
PUBBLICALO! PUBBLICALO! PUBBLICALO!

12:54 PM  
Blogger Zarathustra said...

Grazie mille Giallu...si so che senza di voi non sarei nenche capace di respirare...baci, torno a Siena, ci si vede dal Capa!

4:08 PM  

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