Monday, April 28, 2008

Frammenti

"Tutte le cose sono soggette ad interpretazione; qualsiasi interpretazione prevalga in un dato momento è funzione del potere, non della verità."

F.W.Nietzsche

Wednesday, April 23, 2008

Overture

Voglio lasciare queste parole accarezzare la notte, sperando la punteggiatura non le fermi.
Non credo di stare scrivendo qualcosa d'importante quindi continuo.
Solo uno sfogo verso un mondo che fugge e noi che rimaniamo indietro, sempre più lenti, con sempre meno fiato.
Mentre sarebbe lì, nel pensiero che s'incunea tra due colli inconsapevoli, nello sguardo di chi vede ogni volta un nuovo tramonto, nel soffio di stelle che ti solleva quando la mente è ferma a guardare un istante...
Mando questo silenzio nel mondo, sperando qualcuno lo suoni, sperando che una risata ci danzi, oppure una lacrima lo risacaldi.
Non voglio che sia capito, spero solo sia vissuto, ma per vivere bisogna morire.

Thursday, April 17, 2008

Icaro Si Lasciò Andare

Mi è sempre piaciuto guardare l’orizzonte, lasciare che i miei pensieri si adagino sul quel sottile confine che separa due infiniti, quasi nel tentativo di attingere un po’ da quella grandezza.
Ripenso a quei giorni in cui non riuscivo a vederlo e respirarlo.

Da anni non guardo indietro, ma oggi ho deciso di tornare con la mente, per rivedere i luoghi, ricordare alcune facce.
Sapete secondo me solo così si può capire fino a che punto si è cambiati, solo rivisitando il passato.
Il vecchio porticciolo … inspiro il più profondamente possibile, risento quasi quell’odore che da piccolo mi aveva sempre fatto andare lontano con l’immaginazione, ora mi faceva rivivere posti che hanno dipinto i miei ricordi.
Sto parlando di quell’odore di sale e pesce, quell’odore che il sole accentua fino quasi a farti male, fino a farti sentire l’immensità della vita, ma siamo involucri troppo piccoli per contenerla, così la dobbiamo lasciar andare ad ogni respiro.
Sceso sul molo, accanto a dei pescatori che alle ultime luci del giorno preparano le reti per la pesca successiva, mi accorgo subito che il passato cerca prepotentemente di risorgere, di ringiovanirsi e di diventare il mio presente.
Il paese è lì e sembra quasi lasciare un lamento nel vento.
Ricordo quando m’imbarcai, mia madre era lì, su quel ora emotivamente vuoto molo,ad aspettarmi … giurerei di sentire ancora il suo profumo.
Rivederla mi aveva sempre riempito di gioia, mia madre era sensibile ad ogni moto dell’animo, forse per questo è sempre stata esposta al mondo, come una montagna di arenaria ai venti.
Anche da vecchia negli occhi aveva conservato quel calore che da piccolo ricercavo quando il mondo mi feriva, quando cominciavo ad avere le prime cicatrici, quelle che ti rimangono nello sguardo.
Papà era dietro, anche lui commosso, ma troppo fiero per mostrarmelo.
Il suo sguardo era sempre pieno di vita ed era quello sguardo che mi aveva insegnato il significato di un orizzonte ed era quello stesso sguardo ad avermi mostrato la dignità della propria condizione umana.
I loro ricordi mi abbracciano entrambi forte, mi manca la forza di lasciarli.
I miei pensieri tornano alla mia infanzia, alle cioccolate calde preparate da mia madre nei pomeriggi invernali, dove il freddo ti stringeva il cuore e lo sguardo fuggiva tra le onde di quel mare che per me è sempre stato un destino.
Ricordo le risate e le passeggiate con mia sorella l’unica persona che conosco che sa lasciare una luce anche nel vento.
Ricordo le primavere trascorse nel cortile con gli amici a dare due calci ad un pallone… il mare era sempre lì a custodirci.
Ricordo i miei amici.
Con loro ero cresciuto, a loro dovevo quella splendida sensazione di comprensione, quell’abbraccio che ti riscalda quando le tue lacrime di fanno rabbrividire.
I miei amici erano i soli a comprendere fino in fondo il significato di un sorriso, i soli a capire la bellezza di un silenzio tra due pensieri, i soli ai quali avrei affidato tutti quei ricordi, i soli che quel giorno, conoscendomi, capirono.

Il mare fa parte del mio sguardo ormai da quando sono piccolo, da quando la paura per quel blu profondo non si è tramutata in curiosità, per poi diventare amore per quell’infinito che solo può abbracciarmi e farmi volare in quel fluido che credo sia lo stesso di cui sono fatti i sogni.
Quando partii definitivamente fu perché mi rendevo conto che quello che provavo non era completo, mi sentivo fermo, sentivo il vento accarezzarmi ma non “m’increspavo” più come quando andavo a respirare la brezza marina da piccolo al cimitero sulla collina.
Cosa mi era successo? Tutta la vita avevo cercato di fuggire dalla noia, intesa come incapacità di vedere le sfumature della vita, e invece all’improvviso mi trovai con delle tinte definite sulla mia tela, ma ero incapace di aggiungerne di nuove.
Così m’imbarcai su di un mercantile in cerca di una meta che avevo il terrore fosse solamente da qualche parte dentro me.
Per anni vagai nel mondo come una foglia trasportata dal vento.
Vidi tantissimi porti, le città di chi fugge da se stesso, di chi lascia che sia il mare ad amarlo, e basta.
In realtà io mi sentivo ancora diverso.
Ricordo i caraibi, ricordo le sue labbra.
Janet era bellissima, aveva uno sguardo caldo e potente, un carattere dolce e forte e io l’amai, l’amai fino quasi ad impazzire

Ricordo le Azzorre.
Sembrava di essere in un girone dell’inferno dantesco.
Tutti nello sguardo avevano quelle ferite che solo l’amore struggente violento e amorale per il mare lascia.
Tutti ricercavano nell’orizzonte le proprie paure, i propri dolori, per poter poi affogarli nel mare, dando però in cambio il proprio cuore, lasciato in balia delle onde.
Un patto oneroso.
Forse avevo trovato casa … ma presto cambiai idea.
Era una rigida mattina invernale, il vento soffiava con una violenza tale da togliere il respiro.
Entrai come avevo, sempre fatto, nel bar centrale per avere il mio bicchiere e chiacchierare con Ricardo, un vecchio pescatore settantenne, decisamente silenzioso, che però aveva deciso di rendermi partecipe del suo dolore perché come mi diceva sempre:
“Tu sarai libero, tu saprai lasciarti andare, come Icaro …”
Ricardo era alto, con uno sguardo molto profondo, laureato in lettere, lasciò tutto perché non riusciva a respirare, così diceva sempre, non riusciva a respirare …
Era portoghese, ma non era originario delle Azzorre, cominciò a pescare perché era sicuro che la chiave fosse lì, nel mare, era sicuro che Hemingway lo aveva capito.
Ormai da anni mi raccontava sempre la stessa storia, la sua solitudine, la ricerca disperata del respiro, il lento trasformarsi in uno scoglio, l’incapacità di piangere, diceva sempre di aver dovuto lasciare le lacrime al mare sperando divenissero aria … da respirare.
Non ero sicuro di ciò che volesse dire, alle volte ero convinto solo che fosse pazzo, però in quella pazzia c’era qualcosa, c’era della mia quotidianità.
Il suo sguardo sapeva incantarmi, giurerei che era quello a raccontare, e che le parole non fossero altro che delle maschere; ogni volta con un solo sguardo diverso sapeva aggiungere particolari ad una storia che nessuno voleva più sentire, solo io rimanevo anche ore ad ascoltarlo, e tornato a casa, mi mettevo fuori a guardare il mare e a cercare le sue lacrime.
Quel giorno dicevo, al bar non c’era.
Corsi subito a casa sua.
Aprii la porta e lui si girò, era seduto davanti alla finestra.
Mi disse:
“Non fare come me … non è lì la risposta, non è lì … smettila di compiangerti, smettila di fuggire, vai via!O mio Dio … hai mai visto quant’è bello il cielo?”
Cominciò a piangere, come un bambino.
Mi avvicinai, e solo in quel momento mi accorsi che stavo camminando sul suo sangue.
I dottori dissero che è stato un versamento nelle vie respiratorie ad ucciderlo.

Partii, immediatamente, con la mia barca.
Fuggivo ancora, dalla morte, dalla vita.
Per circa un mese vissi di ciò che il mare sapeva donarmi con il cielo stellato come casa.
Non ci fu giorno che non ripensavo a Ricardo, a cosa aveva capito e cosa aveva cercato di dirmi … solo dopo qualche giorno riuscii a individuare il motivo per cui la notte ripensavo continuamente al nostro ultimo incontro a casa sua … non era il dolore, non era il sangue, non era la morte, era il suo sguardo.
Mi aveva inconsciamente sconvolto, era pieno, era felice … solo in quel momento capii che non piangeva per il dolore, piangeva perché era felice.
Piangeva perché era riuscito finalmente a respirare … quando capii, alzai lo sguardo … mi sentii libero come una melodia.
Avete mai visto quanto è bello il cielo?

Sono passati molti giorni da quello, ho visto vecchi posti con nuovi colori e nuovi posti con sempre nuovi occhi.
Ho saputo amare, e, cosa ancora più difficile, ho saputo essere amato.
Ora guardo l’orizzonte da questa scogliera sull’oceano, respiro il cielo e vedo il vento … allargo le braccia, mi sporgo un po’ di più, voglio prendere tutto il furore dei colori … sono vecchio ormai, ma felice, felicissimo, riguardandomi indietro posso dire che la mia vita l’ho voluta esattamente come è stata … eh eh, Ricardo, avevi ragione, devo lasciarmi andare, come Icaro.
Mi sporgo ancora un po’ …

Wednesday, April 16, 2008

Coraggio

La paura di porci domande di cui conosciamo le risposte ci impedisce di crescere...
La paura di perdere l'immagine che abbiamo di noi stessi ci impedisce di vedere il cambiamento degli altri individui...
La paura di rimanere soli ci impedisce di rischiare di non essere capiti...
La paura di soffocare ci impedisce di trattenere il fiato...
La paura di essere semplici come un filo d'erba ci impedisce di volare nel vento...

Thursday, April 03, 2008

Sitting On The Dock Of The Bay

"Sittin' in the mornin' sun
I'll be sittin' when the evenin' come
Watching the ships roll in
And then I watch 'em roll away again, yeah
I'm sittin' on the dock of the bay
Watching the tide roll away
Ooo, I'm just sittin' on the dock of the bay
Wastin' time

I left my home in Georgia
Headed for the 'Frisco bay'
Cause I've had nothing to live for
And look like nothin's gonna come my way
So I'm just gonna sit on the dock of the bay
Watching the tide roll away
Ooo, I'm sittin' on the dock of the bay
Wastin' time

Look like nothing's gonna change
Everything still remains the same
I can't do what ten people tell me to do
So I guess I'll remain the same,

yesSittin' here resting my bones
And this loneliness won't leave me alone
It's two thousand miles I roamed
Just to make this dock my home
Now, I'm just gonna sit at the dock of the bay
Watching the tide roll away
Oooo-wee, sittin' on the dock of the bay
Wastin' time"

O.Redding